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      Ma nelle condizioni del mio spirito, che era ancora sotto il fascino della rappresentazione, la protezione accordatami in passato da quel giovane mi parve così degna di gratitudine, e il bene che gli avevo voluto mi traboccò dal petto con tanta freschezza e spontaneità, che diedi immediatamente un passo verso di lui, e, col cuore che mi batteva forte, dissi:
      – Steerforth, non mi riconosci?
      Egli mi guardò – proprio com’era solito guardare a volte – ma non mi riconobbe ancora.
      – Ho paura che tu ti sia dimenticato di me – dissi.
      – Mio Dio! – esclamò improvvisamente. – Il piccolo Copperfield!
      Lo afferrai per tutte e due le mani, e non potei lasciarle andare. Ma se non avessi avuto vergogna, e non avessi avuto timore di dispiacergli, gli sarei saltato al collo piangendo.
      – Come son contento, come son contento! Mio caro Steerforth, come son felice di rivederti!
      – E anch’io son contento di riveder te – egli disse, stringendomi cordialmente le mani. – Su, Copperfield, mio caro, non ti commuovere tanto!
      Eppure egli, era contento, mi parve, di veder quanta gioia sentissi per quell’incontro.
      M’asciugai le lagrime, che m’ero sforzato invano di trattenere, feci le viste di riderne, e ci sedemmo l’uno accanto all’altro.
      – Ebbene, come ti trovi qui? – disse Steerforth, battendomi sulla spalla.
      – Son arrivato oggi con la diligenza di Canterbury. Sono stato adottato da mia zia che abita laggiù in campagna, e ho appunto terminato gli studi. E tu come ti trovi qui, Steerforth?
      – Ebbene, io sono ciò che si dice uno studente di Oxford – egli rispose; – vale a dire che mi vado a seccare a morte periodicamente laggiù... e ora vado a casa, da mia madre.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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