Tu sei un bel ragazzo, Copperfield. Proprio come eri una volta, ora che ti guardo. Tale e quale come una volta!
– Io ti ho riconosciuto immediatamente – dissi – anche perché tu sei più facilmente riconoscibile.
Sorrise, mentre si ficcava le dita tra i folti riccioli della chioma, e riprese allegramente:
– Sì, come mi vedi, sono in pellegrinaggio filiale. Mia madre abita un po’ lontano dalla città; e perché le strade sono pessime e la casa è piuttosto noiosa, mi son fermato qui stasera. È da cinque o sei ore che sono in città, e le ho passate borbottando e sonnecchiando a teatro.
– Anch’io sono stato a teatro – dissi. – Al Covent Garden. Che magnifica rappresentazione, Steerforth!
Steerforth si mise a ridere cordialmente.
– Mio caro piccolo Davy – disse, battendomi sulla spalla – sei una vera margheritina. La margheritina dei campi, la mattina, è meno fresca di te. Anch’io sono stato al Covent Garden, e non ho visto mai uno spettacolo più stupido. Ehi, qui!
Questo era rivolto al cameriere, che aveva osservato, in distanza, e con molta attenzione, il nostro incontro, e si fece innanzi molto rispettosamente.
– Dove hai messo il mio amico Copperfield? – disse Steerforth.
– Bene, signore – disse il cameriere, con accento di scusa – per ora il signor Copperfield è al numero quarantaquattro.
– E come ti viene in mente – ribatté Steerforth – di andare a cacciare il signor Copperfield in un buco sopra una stalla?
– Non sapevo, signore – rispose il cameriere sempre in tono di scusa – che il signor Copperfield ne facesse caso.
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