– Oh! – disse la signorina Dartle. – Ora son lieta di saperlo. Domando per sapere, e son contenta di saperlo. Egli vi crede candido e innocente; e così voi siete suo amico. Ecco una cosa deliziosa!
Subito dopo ella andò a letto, e fu seguita dalla signora Steerforth. Io e Steerforth, dopo esser rimasti un’altra mezz’ora accanto al fuoco, parlando di Traddles e di tutti i compagni dell’antico Salem House, andammo di sopra insieme. La camera di Steerforth era attigua alla mia, ed entrai per visitarla. Era un modello di comodità, piena di poltrone, guanciali e sgabellini, ricamati di mano della madre. Non vi mancava nulla che potesse renderla più gradita. Finalmente, i lineamenti di lei contemplavano il figlio diletto da un ritratto sulla parete, come per vegliarlo in effigie mentre egli dormiva.
In camera mia trovai il fuoco che fiammeggiava: le cortine tirate innanzi alle finestre e intorno al letto gli davano un grazioso aspetto. Mi sedetti nella poltrona accanto al fuoco a meditare sulla mia felicità; e sarei rimasto immerso in quella contemplazione per qualche tempo, se non avessi scoperto un’effigie della signorina Dartle che mi guardava con gli occhi ardenti dalla parete del caminetto.
Era d’una somiglianza sorprendente, e necessariamente aveva uno sguardo d’una espressione sorprendente. Il pittore vi aveva omesso la cicatrice, ma io ve la mettevo; ed eccola andare e venire: ora limitata al labbro superiore, come l’avevo vista a desinare, e ora tesa per tutto il tratto della ferita inflittale dal martello, come l’avevo vista in un atto d’ira.
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