Non ebbi difficoltà a riconoscerle e Minnie e i bambini di Minnie. La porta a vetri che dava sul cortile non era aperta; ma potevo debolmente udir sonare l’antico ritmo, come se non si fosse interrotto mai.
– C’è il signor Omer? – dissi, entrando. – Vorrei vederlo per un momento, se c’è.
– Oh, sì, signore, c’è – disse Minnie. – L’asma non gli permette d’uscire con questo tempo. Giuseppe, chiama il nonno.
Il piccino, che le teneva il grembiule, chiamò con un grido così alto, che ne fu confuso, e seppellì il viso fra le sottane della madre, la quale gli diede uno sguardo di compiacenza. Sentii un grave anelare e ansimare avvicinarsi, ed ecco Omer, col respiro più corto di prima, ma non molto più vecchio d’una volta, apparirmi dinanzi.
– Servo vostro – disse Omer. – Che cosa posso fare per voi, signore?
– Stringermi la mano, signor Omer, se non vi dispiace – dissi, stendendo la mia. – Foste così buono con me una volta, benché io tema di non avervelo dimostrato.
– Davvero? – rispose il vecchio. – Son contento di apprenderlo, ma non ricordo quando. Siete sicuro che fossi io?
– Sicurissimo.
– Credo che la memoria mi sia diventata corta, come il fiato – disse Omer, guardandomi e scotendo il capo; – perché io non vi riconosco.
– Non vi ricordate d’esser venuto ad aspettarmi alla diligenza, e d’avermi fatto fare colazione qui, e poi d’essere venuto insieme con me a Blunderstone, con la signora Joram, e il signor Joram... che non era ancora suo marito?
– Ah! che il Signore vi benedica! – esclamò Omer, dopo esser caduto per la sorpresa in un accesso di tosse.
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