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      Ne vale sei. È vero, Minnie, che ne vale sei?
      – Sì, papà – rispose Minnie. – Io non ho mai detto nulla di male contro di lei.
      – Benissimo – disse Omer. – Così va bene. E ora, mio giovine signore – egli aggiunse, dopo che s’ebbe stropicciato un altro poco il mento – credo d’aver finito; se no direte che se ho il fiato corto, le cose so allungarle da non finirle più.
      Siccome s’era parlato d’Emilia sottovoce, sospettai che ella fosse lì presso. Lo domandai ad Omer, ed egli mi disse di sì, facendo un cenno verso il retrobottega. Gli chiesi in fretta di permettermi di darvi un’occhiata, e mi disse di sì; e allora, attraverso la vetrina, vidi Emilia seduta al lavoro. La bellissima creatura, dagli occhi serenamente azzurri, che avevano guardato nel mio cuore infantile, sorrideva a un’altra bambina che si trastullava accanto a lei. Aveva sufficiente baldanza nel viso da giustificare ciò che avevo udito; molto dell’antica capricciosa selvatichezza nascosta in lei; ma nulla, nei suoi leggiadri sguardi, son certo, che non significasse bontà e felicità, nulla che non la rivelasse avviata per il retto cammino.
      Il ritmo attraverso il cortile che pareva non fosse stato mai interrotto – ahimè! era il ritmo che non s’interrompe mai – continuava, frattanto, con la stessa cadenza.
      – Volete entrare; – disse Omer – e parlarle? Entrate e parlatele, signore. Fate come se foste a casa vostra!
      Ero troppo timido allora per accettare l’offerta – temevo di confondere l’Emilia, e temevo similmente di confondere me stesso; ma m’informai dell’ora che essa cessava di lavorare la sera, perché la nostra visita coincidesse col suo ritorno a casa; e, congedandomi da Omer e dalla sua graziosa figliuola e i nipotini, mi avviai a casa della mia cara Peggotty.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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