Ero nel centro dell’attonita famiglia, di fronte al pescatore Peggotty, e nell’atto di tendergli la mano, quando Cam gridò:
– Il signorino Davy! Il signorino Davy!
A un tratto fu un mucchio di strette di mani, e di domande sulla salute di ciascuno, e di espressioni di gioia per quella visita. Si parlava tutti in una volta. Il pescatore Peggotty era così lieto e orgoglioso dal canto suo, che non sapeva che dire o che fare, e continuava a stringer la mano a me e poi a Steerforth, e poi di nuovo a me e poi di nuovo a Steerforth, e così per molto tempo, interrompendosi di tratto in tratto per arruffarsi gl’ispidi capelli, e per ridere con tanta giovialità e soddisfazione, che era una festa guardarlo.
– Ebbene, che questi due signori... due signori già grandi... dovessero venire in casa mia questa sera... è una cosa che non avrei mai pensato, mai e poi mai! Emilia, diletta mia, vieni qui. Ecco quel signore di cui ti abbiamo parlato! È venuto a trovarci insieme col signorino Davy, nella più bella sera che mai fu o sarà nella vita di tuo zio. Evviva, evviva!
Dopo aver detto tutto questo in un fiato, e con grande animazione e piacere, il pescatore Peggotty prese estatico tra le sue grosse mani il viso della nipote, e baciandolo una dozzina di volte, se lo trasse con nobile orgoglio ed amore sul vasto petto, e lo carezzò col tocco delicato d’una dama. Poi la lasciò andare; quando ella fu scomparsa nella cameretta dove io bambino avevo dormito, il pescatore Peggotty girò lo sguardo su noi, caldo d’una indescrivibile soddisfazione.
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