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      Era un po’ discosta dal viale, in un cantuccio tranquillo, ma non così che non potessi leggere i nomi sulla pietra mentre vi andavo o ne venivo, scosso dal suono della campana che batteva le ore, facendomi l’effetto d’una voce improvvisamente risorta. Le mie riflessioni allora volgevano sempre sul mio avvenire, e sulle cose grandi che avrei certamente compiute. I miei passi, che destavano gli echi dormienti, non avevano altro accompagnamento; e se ne compiacevano tanto, che mi sembrava quasi d’esser tornato lì a fabbricare i miei castelli in aria accanto a mia madre ancora viva.
      V’erano grandi mutamenti nella mia vecchia casa. I vecchi nidi, abbandonati da lungo tempo dalle cornacchie, erano completamente scomparsi; e gli alberi erano stati tagliati e trasformati in modo che non li riconoscevo più. Il giardino era inselvatichito, e metà delle finestre del villino erano chiuse. Esso era abitato soltanto da un povero pazzo, e dalle persone che lo custodivano. Lo vedevo seduto sempre alla finestra della mia cameretta, con lo sguardo fisso sul cimitero; e mi domandavo se i suoi pensieri erranti vagassero mai dietro le fantasie che avevano attratti i miei in certe mattinate rosee, quando m’affacciavo alla stessa finestra in camicia da notte per seguir con l’occhio le pecore che brucavano tranquillamente nella luce del sole mattutino.
      I nostri antichi vicini, il signore e la signora Grayper, se n’erano andati nell’America meridionale, e la pioggia si era aperta una via a traverso il tetto della loro casa vuota, lasciando delle larghe chiazze d’umido sui muri esterni.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





Grayper America