Mi domando donde diamine sia potuta sbucare.
– Dall’ombra di questo muro, credo – dissi uscendo su una strada, che aveva da un lato un muro a picco.
– Finalmente è scomparsa – rispose, guardando di lato. – E che il diavolo se la porti! Andiamo a desinare.
Ma guardò ancora una volta di lato, verso la linea del mare che tremolava lontano; e poi un’altra volta. E continuò a brontolare fra sé per il resto della strada; e solo quando ci sedemmo a tavola, tra il chiarore del fuoco e il lume delle candele, parve non ci pensasse più.
C’era Littimer che produsse su me il suo effetto solito. Quando gli dissi che m’auguravo che la signora Steerforth e la signorina Dartle stessero in buona salute, egli rispose rispettosamente (e quindi rispettabilmente) che stavano piuttosto bene, e mi mandavano i loro saluti. Questo fu tutto; e parve che mi dicesse invece, nella forma più evidente: «Voi siete molto giovane, signore; giovanissimo, anzi».
Avevamo quasi finito di desinare, quando Littimer, facendo un passo o due verso la tavola, dall’angolo donde ci sorvegliava, o piuttosto, com’era la mia impressione, donde mi sorvegliava, disse al padrone:
– Vi domando scusa, signore, la signorina Mowcher è qui.
– Chi? – esclamò Steerforth, meravigliato.
– La signorina Mowcher, signore.
– Ma via, dunque, che cosa viene a far qui? – disse Steerforth.
– Sembra, signore, ch’ella sia di queste parti. M’ha detto che viene qui ogni anno, girando per la sua professione. L’ho incontrata oggi per via, e mi chiese se poteva aver l’onore di presentarsi a voi dopo il desinare.
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