– Ma gli avvocati e i procuratori non sono la stessa cosa? – dissi un po’ confuso. – No?
– No – rispose Steerforth – gli avvocati sono dei civilisti, uomini a cui fu conferito il titolo di dottore all’Università, e questa è la ragione perché io ne so qualche cosa. Essi impiegano i procuratori e viceversa, e gli uni e gli altri si beccano magnifici onorarî, e insieme se la spassano allegramente e magnificamente. Dopo tutto, ti raccomanderei di non sdegnare d’impiegarti al Doctor’s Commons, Davide. Tutti quelli che vi si sono impiegati, sappilo, se ti fa piacere, se ne tengono come d’un ufficio che conferisce una gran dignità.
Facendo un po’ di tara alla leggerezza ironica di Steerforth nel trattare l’argomento, e considerando l’aspetto solenne di gravità e d’antichità col quale mi s’era sempre presentato quel «sonnolento cantuccio presso il cimitero di San Paolo», non mi sentivo mal disposto a seguire il suggerimento di mia zia; la quale, d’altra parte, mi lasciava libero della mia decisione, narrandomi francamente che le era sorta in mente quell’idea in una recente visita al suo procuratore nel Doctor’s Commons, ov’era andata per far testamento in mio favore.
– In ogni modo, questo è un passo commendevole da parte di nostra zia – disse Steerforth, apprendendo la cosa; – e merita ogni incoraggiamento. Margheritina, ti consiglio di non sdegnare d’impiegarti al Doctor’s Commons.
Deliberai dunque di fare come diceva mia zia. Dissi allora a Steerforth ch’ella m’aspettava a Londra (come diceva la lettera) dove aveva preso dimora, in Lincoln’s Inn Field, in una specie di pensione, che aveva una scalinata di pietra e una porta di soccorso sul tetto; perché mia zia era fermamente persuasa che non ci fosse casa in Londra che ogni sera non pigliasse fuoco.
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