La signora Steerforth, che si mostrò lieta di rivedermi, mi disse che il figliuolo era andato via con un suo compagno d’Oxford a trovare un altro che stava nei pressi di Saint Alban, ma che sarebbe ritornato la sera. Io gli volevo tanto bene che mi sentii veramente geloso di quei suoi amici di Oxford.
Siccome ella mi sollecitò di trattenermi a desinare, mi trattenni, e non parlammo d’altro che di lui tutto il giorno. Le dissi del bene che gli volevano i marinai di Yarmouth, e della bella compagnia ch’egli m’aveva fatta. La signorina Dartle, ch’era piena d’accenni e di domande misteriose, s’interessò grandemente a tutta la nostra vita laggiù, dicendo con tanta frequenza: «Veramente così?... Proprio!» e altre simili esclamazioni, che riuscì a farmi dire tutto ciò che voleva sapere. Ella era precisamente la stessa di quella che m’era apparsa la prima volta; ma la compagnia delle due donne, improntata a tanta benevolenza, mi riuscì così gradita, che mi sentii un po’ innamorato della signorina Dartle. Non potei non pensare, parecchie volte nel corso della sera, e specialmente nell’ora che mi dirigevo a casa, che ella sarebbe stata una deliziosa compagna nell’appartamentino di Buckingham Street.
La mattina appresso, stavo prendendo, prima di recarmi al Commons, il mio solito caffè con un panino – a questo punto posso notare di passaggio che era strano che fosse così debole con la quantità che ne macinava la signora Crupp, – quando, con mia grandissima gioia, vidi entrare Steerforth.
– Mio caro Steerforth, – esclamai, – cominciavo a pensare che non t’avrei rivisto più.
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