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      Saliva con tutta comodità e lentezza; ma quando si vide guardato dall’alto della ringhiera, si diede immediatamente a un bel trotto, e arrivò su ansante, come spossato dalla corsa.
      – Il signor T. Copperfield? – disse il fattorino, toccandosi il cappello con un bastoncino,
      Il pensiero che la lettera venisse da Agnese mi turbò così, che a pena ebbi la forza di rispondere che quel nome mi apparteneva. A ogni modo, gli dissi che T. Copperfield ero io; ed egli mi credette, e consegnandomi la lettera mi disse che attendeva la risposta. Lo lasciai sul pianerottolo ad attendere la risposta, e rientrai in casa, chiudendo la porta, in uno stato di tanta confusione che fui costretto a deporre sul tavolo della colazione la lettera, per contemplare un po’ la soprascritta, prima di risolvermi a romperne il suggello.
      Apertala, trovai un biglietto molto affettuoso, senza allusione alcuna allo stato in cui ero apparso a teatro. Diceva così: «Mio caro Trotwood. Sono in casa del signor Waterbrook, agente di papà, in Ely Place, Holborn. Venite oggi a trovarmi, e ditemi a qual ora. Sempre vostra affezionatissima Agnese».
      Mi ci volle tanto tempo per scrivere una risposta che mi soddisfacesse completamente, che non so che ne pensasse il fattorino, il quale dové forse credere che io stessi imparando a scrivere. Feci almeno una dozzina di risposte. Ne cominciai una: «Come posso mai sperare, mia cara Agnese, di cancellar dalla vostra memoria la nauseante impressione... » ma non mi piaceva, e la lacerai. Ne cominciai un’altra: «Shakespeare ha osservato, mia cara Agnese, come sia strano che l’uomo debba andare a cacciarsi un nemico in bocca.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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