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      Era triste vederlo lottare fra il desiderio di presentarmi la cosa come desiderata da lui e l’impossibilità di nascondere che in realtà era costretto a subirla. Io mi sentivo accasciata.
      – Costretto a subirla, Agnese? Chi può costringervelo?
      – Uriah, – essa rispose, dopo l’esitazione di un momento, – s’è reso indispensabile a papà. Egli è vigile e scaltro. Ha indovinato le debolezze di papà, le ha incoraggiate del suo meglio, e se n’è avvantaggiato così che... per dir tutto in una parola, Trotwood... così che papà ha paura di lui.
      Comprendevo chiaramente che v’era di più di quanto ella m’avesse detto; più di quanto sapessi o sospettassi. Non potevo darle la pena di domandarle che altro ci fosse, perché sapevo che me lo avrebbe nascosto per rispetto del padre. Sapevo che da lungo tempo le cose avevano preso quella piega; sì, non potevo non sentire, per poco che mi fossi preso l’incomodo di riflettere, che da gran tempo avevano preso quella piega. Rimasi in silenzio.
      – Il suo ascendente su papà – disse Agnese – è grandissimo. Egli protesta umiltà e gratitudine. .. sinceramente, forse; così voglio credere... ma la sua condizione è in realtà di padronanza; e temo voglia fare un cattivo uso di questa sua padronanza.
      Dissi ch’egli era un cane traditore: e dir questo, in quel momento, mi fu di grande soddisfazione.
      – Al tempo che papà me lo disse – proseguì Agnese – egli aveva annunziato a papà la sua intenzione d’andarsene; che era dolente e se n’andava mal volentieri, ma aveva trovato da migliorar la sua condizione.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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