Egli mi prese una mano, che non osai di ritirare, e, dandole un’umida stretta, consultò il pallido quadrante del suo orologio.
– Cielo! – egli disse. – È l’una passata. Il tempo vola, parlando dei giorni passati, signorino Copperfield. È quasi l’una e mezzo.
Risposi che sapevo ch’era tardi. Non perché lo sapessi veramente, ma perché avevo a un tratto perduto ogni virtù di loquela.
– Poveretto me! – egli disse, in pensiero. – La casa dove albergo... una specie di pensione privata, signorino Copperfield, pressò il New River Head... sarà già chiusa da due ore.
– Mi dispiace – risposi – che qui ci sia solo un letto, e che io...
– Oh, non mi parlate di letti, signorino Copperfield! – egli soggiunse in tono di preghiera, tirando su una gamba. – Ma vi dispiacerebbe se mi mettessi a dormire qui, innanzi al focolare?
– Se è così – dissi – fatemi il piacere di prendervi il letto mio, io mi accomoderò qui innanzi al fuoco.
Nell’eccesso della sua sorpresa e della sua modestia, rifiutò la mia offerta con uno strillo capace di turbare il riposo della signora Crupp, in quel momento, immagino, addormentata in una camera lontana quasi a livello della bassa marea, e cullata nei suoi sogni dal tic-tac d’un orologio incorreggibile, che non andava mai meno di tre quarti d’ora indietro, benché fosse regolato tutte le mattine sui suoi più autorevoli confratelli, e ch’ella mi portava sempre in prova nel caso di qualche piccola discussione sul soggetto della puntualità. Siccome non potei, nello sconvolgimento del mio spirito, giovarmi di nessun argomento che avesse il minimo effetto sulla modestia di Uriah Heep per fargli accettare la mia camera da letto, mi vidi costretto ad accomodarlo alla meglio per il suo riposo innanzi al caminetto.
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