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      Allo sportello della diligenza, come al pranzo da Waterbrook, egli ci gravitò continuamente intorno, come un grande avvoltoio, senza un istante di sosta, bevendo ogni sillaba che Agnese mi diceva, o che io dicevo ad Agnese.
      Nello stato di turbamento nel quale la sua rivelazione di quella notte m’aveva gettato, avevo pensato molto a ciò che mi aveva detto Agnese sulla faccenda della società. «Dissi ciò che mi parve giusto. Comprendendo che era necessario compiere il sacrificio per la pace di papà, lo supplicai di farlo». Un triste presentimento che ella avrebbe ceduto e si sarebbe sostenuta con lo stesso pensiero riguardo a qualunque sacrificio per amore del padre, aveva cominciato ad opprimermi fin da quel momento. Sapevo quanto ella gli volesse bene; Sapevo tutta la devozione del suo carattere; avevo appreso dalle sue stesse labbra come ella si reputasse la causa innocente dei trascorsi del padre, e come pensasse d’aver contratto con lui un debito che desiderava ardentemente di pagare. Non derivavo alcuna consolazione dalla conoscenza di quanto ella fosse diversa da quell’ignobile testa rossa col soprabito color tabacco, perché intuivo che in quella sua stessa diversità, nell’abnegazione della pura anima di lei e nella viltà sordida di lui, si nascondeva il pericolo. Tutto questo, senza dubbio, egli sapeva perfettamente, e l’aveva, nella sua scaltrezza, minutamente ponderato. Pure, ero così certo che la prospettiva lontana d’un simile sacrificio avrebbe potuto distruggere la felicità di Agnese; ed ero così sicuro, dai suoi modi, che non l’aveva ancora intraveduto, e che nessuna ombra ancora la turbava, che avrei preferito dirle un’ingiuria ad avvertirla del pericolo.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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