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      Presentò a Dora, perché la baciasse, la sua poco simpatica gota, tutta piena di cipria nelle piccole rughe. Poi si prese Dora a braccetto, e ci fece marciare verso la colazione, come se andassimo al funerale d’un militare.
      Quante tazze di tè bevvi, perché l’aveva fatto Dora, non so. Ma ricordo perfettamente che ne tracannai tante da distruggermi il sistema nervoso, se in quei giorni l’avessi avuto. Subito andammo in chiesa. La signorina Murdstone era fra me e Dora nel banco: ma sentii cantar Dora e la congregazione svanì. Fu pronunziato un sermone – su Dora naturalmente – e temo che fosse l’unica cosa che comprendessi del servizio religioso.
      Il giorno trascorse tranquillamente. Non venne nessuno, si andò a passeggiare, alle quattro si desinò in famiglia, e la sera ci mettemmo a sfogliar libri e a guardare incisioni; la signorina Murdstone, con un’omelia dinanzi, ci teneva d’occhio, montando con gran zelo la guardia. Ah, quanto poco il signor Spenlow immaginava, mentre mi sedeva dirimpetto, col fazzoletto in testa, dopo il desinare, come io fervidamente lo abbracciassi, idealmente, in qualità di suocero! Non immaginava affatto, nel momento che mi congedai da lui la sera, d’aver egli dato appunto il suo pieno consenso al mio fidanzamento con Dora, e le celesti benedizioni che io invocavo sul suo capo.
      Partimmo presto la mattina, perché avevamo innanzi alla Corte dell’Ammiragliato un caso di salvataggio, per il quale era necessaria una minuta conoscenza di tutta la dottrina della navigazione; ma giacché non si poteva sperare che se ne sapesse molto al Commons di simili cose, il giudice aveva pregato due professori piloti di venirgli per carità in aiuto.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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