Il lattaio, dopo avere scosso il capo in modo minaccioso, le lasciò il mento, aprì con mal garbo il suo vaso di latte, ne versò la solita quantità in quello della famiglia, e se ne andò borbottando, a ripetere il verso del suo mestiere alla porta seguente, con un grido che fremeva di sdegno.
– Sta qui il signor Traddles? – chiesi allora.
Una voce misteriosa dal fondo del corridoio mi rispose: «Sì». E la piccola domestica fece da eco: «Sì».
– È a casa? – domandai.
Di nuovo la voce misteriosa rispose affermativamente, e di nuovo la domestica fece da eco. Dopo di che entrai, e, seguendo le indicazioni della domestica, salii la scalinata; accorgendomi, mentre passavo innanzi a una porta, d’esser seguito da un occhio misterioso, probabilmente in istrettissima parentela con la voce misteriosa.
Quando arrivai su – la casa aveva un sol piano su quello terreno – Traddles m’era uscito incontro sul pianerottolo. Fu lietissimo di vedermi, e, con gran cordialità, mi diede il benvenuto nella sua cameretta, ch’era sulla facciata dell’edificio, e pulitissima, benché modestamente arredata. Componeva tutta la sua casa, vidi; perché v’era un canapè a letto, e tra i libri, il lucido e le spazzole per le scarpe – alti su uno scaffale, dietro un dizionario. Il tavolino era coperto di carte. Egli era vestito d’un vecchio abito, e s’era staccato proprio allora dal lavoro. Non osservai nulla di particolare, ma notai tutto, perfino, mentre mi sedevo, l’immagine d’una chiesa sul calamaio di porcellana – ché la mia facoltà di osservazione s’era esercitata fin dal tempo dei Micawber.
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Traddles Traddles Micawber
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