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      Egli aveva preso delle ingegnose disposizioni per dissimulare il canterano, il cantuccio ove teneva le scarpe, lo specchietto per la barba, e così via; e tutto mi provava che era ancora quello stesso Traddles il quale usava di fare, con la carta dei quaderni, modelli di serragli che potevano contenere delle mosche, e consolarsi dei maltrattamenti coi memorabili lavori d’arte che spesso ho ricordato.
      In un angolo della stanza v’era qualche cosa di accuratamente coperto con una grande tovaglia bianca. Non potei capir che fosse.
      – Traddles – dissi stringendogli di nuovo la mano, dopo che mi fui accomodato, – sono felice di rivederti.
      – Anch’io sono felice di riveder te, Copperfield – egli rispose. – Sono contento davvero. Appunto perché sarei stato veramente contento di stare un po’ insieme con te, quando c’incontrammo in Ely Place, ed ero certo che ne avresti avuto piacere anche tu, ti diedi questo indirizzo e non quello dello studio.
      – Che, hai uno studio? – dissi.
      – Sì, il quarto d’una stanza e d’un corridoio, e il quarto d’uno scrivano – rispose Traddles. – Ci siamo uniti in quattro per avere uno studio, e darci l’aria di aver degli affari, e dividiamo in quattro anche la spesa dello scrivano, che a me costa mezza corona la settimana.
      Il suo antico ingenuo carattere e la sua antica giovialità, e qualche cosa della sua cattiva sorte inoltre, parvero sorridermi nel sorriso col quale mi fece questa spiegazione.
      – Non perché io abbia il minimo orgoglio, Copperfield, tu mi capisci – disse Traddles – io non son solito di dare il mio indirizzo qui, ma per rispetto di quelli che mi vengono a trovare, che qui non verrebbero volentieri.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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