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      Perché io sono uno sgobbone, Copperfield, e avevo imparato la maniera di cavarmela alla svelta. Bene! Questo mi mise in testa di studiare legge, e mi portò via il resto delle cinquanta sterline. Yawler mi raccomandò, però, a uno o due studi – quello di Waterbrook è uno – ed ebbi molto da fare. Fui anche abbastanza fortunato, facendo la conoscenza d’una persona che aveva una casa editrice e che pubblica una Enciclopedia, ed ebbi da lavorare; e vedi – (dando un’ occhiata al tavolino) – in questo momento lavoravo proprio per l’editore. Non sono un cattivo compilatore, Copperfield – disse Traddles, conservando in tutto ciò che diceva, la stessa aria di lieta fiducia, – ma non ho alcuna immaginazione; neanche l’ombra dell’immaginazione. Credo che non vi sia stato mai nessuno che abbia avuto meno immaginazione di me.
      Siccome Traddles sembrava aspettar da me la conferma inoppugnabile di questa sua opinione, feci un cenno d’assentimento; ed egli continuò, con la stessa lieta rassegnazione – non trovo miglior espressione – mostrata in principio.
      – Così a poco a poco, e non scialacquando, giunsi a raggranellare finalmente le cento sterline – disse Traddles; – e grazie al Cielo furono pagate... benché fosse... altro se fu – aggiunse, facendo una nuova smorfia, come se dovesse cacciarsi un altro dente – una fatica erculea. Ancora vivo con la specie di lavoro che t’ho detto, e spero, fra breve, d’entrare in qualche giornale: sarebbe quasi la mia fortuna. Ora, Copperfield, tu sei lo stesso preciso d’una volta, con quella tua simpatica faccia, e mi fa tanto piacere rivederti, che non ti posso nasconder nulla.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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