Se movevo qualche osservazione perché il letto non era ancora rifatto alle cinque del pomeriggio – cosa che anche oggi non credo molto piacevole – un gesto della sua mano verso la stessa regione di cotone giallo, sede della sua sensibilità ferita, bastava per farmi balbettare delle scuse. Insomma, avrei fatto qualunque cosa, nei limiti dell’onesto, per non dar dispiaceri alla signora Crupp, croce e terrore della mia vita.
Comprai per quel desinare una credenzina a due ruote, per fare a meno, in quanto mi fosse possibile, dei servizi del bravo giovane; contro il quale, dopo averlo incontrato, nello Strand, una domenica mattina, con una sottoveste che rassomigliava stranamente a una delle mie, mancatami dal giorno del primo pranzo, avevo concepito un certo pregiudizio. Ripresi la «ragazzina svelta»; ma a patto che portasse solo le vivande, e che poi si ritirasse sul pianerottolo, oltre la porta esterna; di dove gli occhi non avrebbero avvertito il vezzo ch’ella aveva, di soffiare dalle narici come un cavallo, e dove sarebbe stato fisicamente impossibile retrocedere sui piatti.
Provvedute le sostanze necessarie alla composizione del ponce, manipolazione riservata al signor Micawber; provveduta una bottiglia d’acqua di lavanda, due candele di cera, una cartata di spille di varie dimensioni e un cuscinetto, se mai dovessero occorrere alla signora Micawber innanzi alla mia specchiera; fatto accendere il fuoco anche nella mia camera da letto, sempre in onore della signora Micawber; e messa la tovaglia con le mie mani stesse, attesi serenamente l’effetto dei miei preparativi.
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Crupp Strand Micawber Micawber Micawber
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