– Margheritina – disse, con un sorriso; – benché questo non sia il nome datoti dal tuo padrino e dalla tua madrina, mi piace molto chiamarti così e... io vorrei, vorrei, vorrei, ché tu potessi darlo a me.
– Ma, se voglio, posso – risposi.
– Margheritina, se qualche cosa dovesse separarci, non pensare molto male di me, amico mio. Su! Facciamo questo patto. Pensa a me con indulgenza, se le circostanze dovessero mai separarci.
– Che cosa dici, Steerforth, di pensar con indulgenza e di pensar molto male. Il mio affetto per te è sempre lo stesso, immutabile.
Mi sentivo così compunto d’avergli mai fatto torto, anche con un pensiero non formulato, che la confessione fu sul punto di varcarmi le labbra. Ma se non fosse stato per la riluttanza che avevo di tradire la confidenza d’Agnese, ma se non fosse stato per non saper come dirla senza tradirla, la confessione le avrebbe varcate, prima ch’egli dicesse: «Dio ti benedica, Margheritina, e buona sera!». Nel dubbio che mi teneva, la confessione non le varcò; e ci stringemmo la mano e ci separammo.
Ero in piedi con l’alba incerta, e, vestitomi senza far rumore, m’affacciai nella sua stanza. Egli dormiva profondamente, coricato tranquillamente con la testa sul braccio, come l’avevo spesso veduto dormire a Salem House.
Arrivò poi il tempo, e presto, ché mi domandai perché nulla turbasse il suo riposo in quel momento. Ma dormiva – mi piace ancora di rappresentarmelo così – come l’avevo spesso visto dormire a Salem House; e così, in quell’ora di silenzio, lo lasciai.
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