– Vi dico la verità, sarò contento quando la vedrò maritata.
– Perché?
– Perché ora è distratta – disse Omer. – Non che non sia bella come prima, perché è più bella... vi assicuro che è più bella. Non che non lavori bene come sempre, perché lavora bene. Valeva sei persone e ne vale ancora sei. Ma le manca la fibra. Se voi comprendeste – disse Omer, dopo essersi stropicciato un’altra volta il mento e aver fumato un poco – ciò che intendo in maniera generale con l’espressione: «Tirate, tirate più forte, più forte ancora, bravi!», vi direi che è questo appunto in maniera generale ciò che manca all’Emilia.
Il viso e il tono di Omer erano così espressivi, che potei coscienziosamente accennar di sì con la testa, per dir che lo comprendevo. La rapidità del mio comprendonio parve riuscirgli gradita, ed egli continuò:
– E la ragione si è, credo, principalmente in questa sua condizione d’incertezza, vedete. Ne abbiamo parlato molto, io e lo zio, io e il suo fidanzato, dopo il lavoro; e credo che la ragione principalmente sia in questa sua condizione d’incertezza. Dobbiamo sempre tener presente che l’Emilia – disse Omer, scotendo dolcemente il capo – è una creatura straordinariamente affezionata. Il proverbio dice che non si può fare una borsa di seta con l’orecchio di un asino. Bene, veramente non so. Credo che si possa, se si comincia di buon’ora. Essa ha fatto di quel vecchio battello una casa che la pietra e il marmo non saprebbero fare.
– Lo credo perfettamente – dissi.
– Vedere come quella bella creatura s’attacca a suo zio – disse Omer; – vedere come si stringe a lui sempre più forte, sempre più accosto, è assistere a uno spettacolo.
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