Passai la settimana prima del funerale a fare questo esame alquanto astruso, a regolare il conto di tutta l’eredità di Peggotty; a mettere in ordine tutte le sue cose, a consigliarla e guidarla in ogni punto, con nostra comune soddisfazione. Non rividi l’Emilietta in quell’intervallo, ma mi si disse che si sarebbe maritata con una cerimonia fra intimi quindici giorni dopo.
Non seguii il trasporto funebre in costume, se m’è lecito di dir così. Voglio dire che non ero vestito con un mantello nero e un lungo velo da spaventare gli uccelli; ma mi recai a piedi fino a Blunderstone la mattina presto, e mi trovavo già nel cimitero quando arrivò il feretro, seguito soltanto da Peggotty e da suo fratello. Il signore pazzo s’era affacciato alla finestra della mia cameretta; il figliuolo del signor Chillip dondolava la sua grossa testa e girava gli occhi stralunati verso il ministro, dalla spalla della bambinaia; Omer, in fondo, respirava con difficoltà; non c’era nessun altro, e tutto si svolse tranquillamente. Finita la cerimonia del seppellimento, ci aggirammo per un altro viale nel cimitero; e cogliemmo alcuni ramoscelli dall’albero sulla tomba di mia madre.
Ma qui sono invaso da un sentimento di paura. Una nuvola s’abbassa sulla città lontana, verso la quale avevo diretto i miei passi solitarî. Temo d’arrivarvi. Recalcitro al ricordo di ciò che avvenne in quella notte memorabile; di ciò che deve avvenir di nuovo, se tento di continuare la mia narrazione.
Ma la mia narrazione non peggiorerà le cose.
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