Che posso dirle, se l’ultima sera che l’Emilia fu qui si tolse un nastro dal collo e lo mise alla mia Minnie e si pose con la testa sul guanciale accanto a lei per farla addormentare? Il nastro ora sta intorno al collo della mia Minnie. Non ci dovrebbe stare, forse, ma che ci posso fare? Emilia, certo, è cattiva, ma esse si volevano bene. E la bambina non sa nulla.
La signora Joram era così triste, che il marito venne a consolarla. Lasciatili insieme, mi avviai verso la casa della mia Peggotty, più melanconico, se mai, di quanto già fossi.
Quella buona creatura – intendo Peggotty – non ancora stanca delle angosce recenti e delle sue veglie, s’era recata in casa del fratello per restarvi fino alla mattina. Una vecchia che s’era occupata di tutte le faccende nei giorni in cui Peggotty non era stata in grado di accudirvi, era in casa sola con me. Siccome non avevo bisogno di nulla, la mandai a letto, ed ella v’andò di buon grado; io mi sedetti accanto al fuoco in cucina, per meditare un po’ su quanto era accaduto.
Confusi i recenti avvenimenti con la morte di Barkis, e correvo con la marea verso la lontananza così stranamente contemplata da Cam la mattina, quando un colpo dato alla porta mi riscosse dalla mia fantasticheria. V’era un martello sulla porta, ma non s’era picchiato con esso. Aveva picchiato una mano, e in basso, forse quella di un bambino.
Mi levai in fretta come se fosse il picchio discreto d’un valletto a un signore ragguardevole. Apersi, e a primo aspetto non vidi, con mio gran stupore, che un vasto ombrello che pareva fosse arrivato lì solo.
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