Mia forse?
No, no; comprendevo bene che la colpa non era sua.
– Se mi fossi mostrata più suscettibile col vostro falso amico – continuò la donnina, scotendo il capo, con aria grave di rimprovero, – credete che egli mi avrebbe mai aiutata o favorita? Se la piccola Mowcher (che non s’è fatta da sé, signorino mio), si fosse rivolta a lui, o a un altro simile a lui, in nome della sua infelicità, credete che la sua vocina sarebbe stata avvertita? La piccola Mowcher, anche se fosse la più perfida e la più sciocca delle nane, avrebbe necessità di vivere. Ma no, ella si potrebbe sgolare a chiedere il pane, e campare allegramente d’aria.
La signorina Mowcher si risedette sul parafuoco, e cavò di tasca il fazzoletto per asciugarsi gli occhi.
– Felicitatevi con me, se avete l’animo gentile, come credo che l’abbiate – ella disse; – che, mentre so che cosa sono, posso mostrarmi lieta e sopportar tutto. Mi felicito io stessa, a ogni modo, di poter fare il mio pezzettino di strada nel mondo senza aver da ringraziare nessuno; e che in compenso di ciò che mi si getta, per follia o per carità, possa dare delle ciurmerie. Se non mi lagno di tutto ciò che mi manca, tanto meglio per me, e tanto peggio per nessuno. Se io sono un trastullo per voi giganti, voi giganti siate pietosi per me.
La signorina Mowcher si rimise il fazzoletto in tasca, e, nel frattempo, guardandomi con occhio intento, continuò:
– Vi ho visto poco fa per via. Certo non pensate che io possa camminare col vostro passo, con queste gambette e col poco fiato di cui dispongo, e raggiungervi; ma ho indovinato la vostra mèta, e vi ho seguito.
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