– Bel tipo da condurre qui e da difendere, non è vero? – ella disse. – Siete un bell’amico.
– Signorina Dartle – risposi – non vorrei che foste così ingiusta da condannarmi!
– E perché portate la discordia fra queste due folli creature? – ella rispose. – Non sapete che sono tutti e due matti d’ostinazione e d’orgoglio?
– È colpa mia? – risposi.
– È colpa vostra! – ella rispose. – Perché avete condotto quest’uomo qui?
– È una persona gravemente offesa, signorina Dartle – dissi: – voi non lo sapete, forse?
– Io so che Giacomo Steerforth – ella disse, con la mano sul seno, come per frenare la tempesta che v’infuriava – ha il cuore corrotto e falso, ed è traditore. Ma che m’importa di quest’uomo e della sua miserabile nipote?
– Signorina Dartle – io risposi – voi aggravate l’offesa, che è già abbastanza grande. Vi dirò soltanto che gli fate un gran torto.
– Non gli faccio nessun torto – ella rispose. – Essi sono dei miserabili senza onore; e lei, la vorrei veder frustata.
Il pescatore Peggotty uscì dalla porta senza dire una parola.
– Oh, vergogna, signorina Dartle, vergogna – io dissi indignato. – Come potete avere il cuore di calpestare un uomo affranto da una sventura immeritata?
– Vorrei calpestarli tutti quanti – ella rispose. – Vorrei che la sua casa fosse rasa al suolo. Vorrei che la nipote venisse marchiata in fronte, coperta di cenci, e gettata sul lastrico a morirvi di fame. Se avessi il potere di giudicarla, ecco che le farei fare! Le farei fare? Glielo farei io! Io la detesto. Se potessi gridarle sul muso la sua infamia, andrei in capo al mondo a farlo.
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