Se potessi inseguirla fin nel suo sepolcro, lo farei. Se vi fosse qualche parola che potesse confortarla nell’ora della morte, e io sola fossi in grado di dirla, non la direi neanche a costo della vita.
La veemenza di queste parole non può dare, io credo, che una debole immagine del furore che l’aveva invasa, e che si manifestava in tutta la persona; benché ella non levasse la voce, e parlasse più piano del solito. Nessuna descrizione potrebbe rappresentare l’immagine rimastami di lei in quel ribollimento di furore. Ho veduto la collera sotto molti aspetti, ma non mai sotto quell’aspetto.
Quando raggiunsi il pescatore Peggotty, egli camminava lento e pensoso giù per la collina. Mi disse, appena gli fui a fianco, che avendo oramai fatto ciò che si proponeva di fare a Londra, intendeva di cominciare quella sera stessa «i suoi viaggi». Gli chiesi dove intendesse andare. Mi rispose soltanto: «Vado, signore, a cercare mia nipote».
Ritornammo all’appartamentino sulla bottega del droghiere, e ivi ebbi l’opportunità di ripetere a Peggotty ciò ch’egli m’aveva detto. A sua volta, ella m’informò, ch’egli aveva detto a lei la stessa cosa la mattina. E non ne sapeva più di me su dove volesse andare, ma egli forse aveva in testa qualche progetto.
In tali condizioni non volli lasciarlo, e tutti e tre desinammo insieme con un pasticcio di filetto – uno dei piatti che Peggotty cucinava a perfezione – che allora, mi ricordo, mi parve fragrante d’un odore misto di tè, di caffè, di burro, di lardo, di cacio, di pane fresco, di legna da ardere, di candele e di funghi, che s’effondeva di continuo dalla bottega.
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