Qui egli troncò il dialogo, che s’era svolto a bassa voce, in un angolo dell’anticamera, col passar nella stanza del signor Spenlow e dir alto, in tono mellifluo:
– Le persone della vostra professione, signor Spenlow, sono abituate ai dissensi familiari, e sanno che son sempre complicati e difficili! – Ciò detto, pagò il denaro per la sua licenza; e, ricevendola accuratamente piegata dal signor Spenlow, insieme con una stretta di mano e un cortese augurio per la felicità sua e della sposa, uscì dallo studio.
Mi sarebbe stato più difficile frenarmi e tacere dopo le sue ultime parole, se non fosse stato meno difficile far capire a Peggotty (la quale non era irritata che per conto mio, poveretta!) che non era quello il luogo e il tempo delle recriminazioni, e che la supplicavo di tacere. Ella era così eccitata, che fui contento di racchetarla con un abbraccio, che scaturì dal ricordo ravvivato in lei delle nostre antiche sofferenze, e la sostenni del mio meglio in presenza del signor Spenlow e degli scrivani.
Sembrava che il dottor Spenlow non sapesse il grado di parentela che correva fra il signor Murdstone e me; e ne fui lieto, perché mi rifiutavo di riconoscerlo anche in me stesso, ricordando le sofferenze della mia cara madre. Sembrava che il signor Spenlow pensasse, se mai pensava a qualche cosa, che mia zia fosse alla testa del partito di Stato nella nostra famiglia e che vi fosse un partito d’opposizione comandato da qualche altro – così almeno compresi da ciò che disse, mentre si aspettava Tiffey che faceva il conto di quanto Peggotty doveva pagare.
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