Nessuno. Chi ci guadagnava? Tutti quelli che godevano le sinecure. Benissimo. I vantaggi superavano di gran lunga gli svantaggi. Forse il sistema non era perfetto, nulla è perfetto al mondo; ma quello di cui egli non poteva assolutamente sentir parlare era l’avvento del piccone. Sotto l’impero dell’Ufficio delle Prerogative, il Paese si era coperto di gloria. Se l’Ufficio delle Prerogative fosse stato preso a colpi di piccone, il Paese avrebbe cessato di coprirsi di gloria. Egli credeva che il principio, al quale doveva informarsi un’anima retta e nobile, fosse di lasciar le cose come stavano, non avendo alcun dubbio che l’Ufficio delle Prerogative sarebbe durato per tutto il nostro tempo. M’arresi alla sua opinione, benché ne dubitassi molto. Il fatto sta, però, ch’egli aveva ragione; perché l’Ufficio delle Prerogative non solo dura ancora, ma ha resistito ai denti d’una grande relazione parlamentare, fatta (senza soverchio slancio) diciotto anni fa, nella quale tutte queste mie obbiezioni erano minutamente sviluppate, e quando si credeva che lo spazio per la conservazione dei testamenti sarebbe appena bastato per altri due anni e mezzo. Non so come se la siano cavata dopo; se ne abbiano perduti molti, o se di tanto in tanto non li abbiano venduti ai pizzicagnoli. Son lieto che non vi sia il mio, e spero che non vi sarà ancora, per molto tempo.
Ho riferito tutta questa conversazione, in questo capitolo beato, perché in esso ha la sua sede naturale. Il signor Spenlow e io la prolungammo, passeggiando in lungo e in largo, prima di arrivare ad argomenti più generici.
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