Ero più che mai felice quando la compagnia si sciolse, e tutti, compreso il disfatto Fedinerosse, se n’andarono per la loro strada; e noi per la nostra nella calma sera, fra le luci morenti e i dolci profumi che ci spiravano intorno. Il signor Spenlow, un po’ assonnato dopo lo spumante benedetto il suolo che diede l’uva, benedetta l’uva che diede il vino, il sole che lo maturò, e l’oste che l’adulterò! – s’era addormentato in un angolo della vettura, e io potei cavalcare a fianco di Dora e parlarle. Ella ammirò il cavallo e lo carezzò – oh, che cara manina mi parve sul cavallo! Giacché non riusciva ad accomodarsi lo scialle, di tanto in tanto le davo l’aiuto del mio braccio; e anche mi lusingavo che Jip cominciasse a intendere come stessero le cose, e a capire che finalmente doveva risolversi a far amicizia con me.
E la sagacia della signorina Mills! Quell’amabile, benché logora, reclusa; quella piccola matrona di un po’ meno di vent’anni, che aveva rinunziato alle pompe del mondo, e alla quale non si dovevano affatto ridestare gli echi dormienti nelle caverne della memoria, che tesoro d’anima che aveva!
– Signor Copperfield – disse la signorina Mills – venite da questo lato... se avete un momento di tempo. Ho bisogno di parlarvi.
Ed eccomi sul corsiero grigio, con la mano sullo sportello della vettura, chinato al fianco della signorina Mills.
– Dora verrà a stare con me. Verrà a stare con me posdomani. Se a voi piacesse di venire, son sicura che papà sarebbe felicissimo di conoscervi.
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