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      Kitt, debbo osservare, era il nome della giovinetta vestita di rosa, dagli occhi piccoli.
      – Benché veramente non sappia perché avreste dovuto curarvene – disse Dora – o perché poi dovreste chiamarla felicità. Naturalmente non lo dite sul serio. Certo nessuno ha il diritto di credere che voi non siate libero di far ciò che vi pare e piace. Jip, brutto animale, vieni qui!
      Non so come la feci. Fu in un momento. Intercettai Jip, e m’ebbi Dora nelle braccia. Fui pieno d’eloquenza. Non una parola m’impacciò. Le dissi come l’amavo. Le dissi che sarei morto senza di lei. Le dissi che la veneravo e l’adoravo. E Jip nel frattempo abbaiava come un matto.
      Quando Dora abbandonò su di me la testa, e pianse, e tremò, la mia eloquenza aumentò di fervore. Se avesse voluto che io fossi morto per lei, avrebbe dovuto soltanto dirlo, ché ero pronto. La vita senza l’amore di Dora non era una cosa che avesse valore. Non avrei potuto durarla, non volevo. Io l’avevo amata ogni momento, giorno e notte, dalla prima volta che l’avevo vista. Io l’amavo in quell’istante alla follia. L’avrei amata sempre, in ogni istante, alla follia. Innamorati avevano amato già, e innamorati avrebbero amato ancora; ma nessuno aveva potuto, poteva, vorrebbe, potrebbe amare come io amavo Dora. Più io farneticavo, più Jip abbaiava. Ciascuno di noi, a suo modo, diventava ogni momento più folle.
      Bene, bene! Dora e io stavamo seduti sul divano, e Jip le giaceva in grembo, ammiccandomi con sguardo pacifico. Io non stavo più nella pelle.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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