Ero in uno stato di perfetta felicità. Dora e io eravamo promessi.
Immagino che appena sapessimo vagamente che la faccenda doveva finire col matrimonio. Certo, perché Dora stabilì che non ci saremmo mai sposati senza il consenso di papà. Ma nella nostra estasi giovanile non credo che noi guardassimo minimamente innanzi o indietro; o che avessimo una diversa aspirazione fuor del presente ignaro. Dovevamo tener segreto il nostro impegno al signor Spenlow; ma non mi entrò mai in testa l’idea che questo non fosse perfettamente onesto.
La signorina Mills apparve più del solito pensosa quando Dora, andata a trovarla, la ricondusse con sé; – forse perché, immagino, ciò che era accaduto le ridestava gli echi assopiti nelle caverne della memoria. Ma ella ci impartì la sua benedizione e l’assicurazione della sua sempiterna amicizia, parlandoci in generale come conveniva alla voce d’una sepolta in un chiostro.
Che tempo beato! Che tempo etereo, felice e sciocco fu quello!
Quando misurai il dito di Dora per farle fare un anello composto di non ti scordar di me, e quando il gioielliere al quale portai la misura, indovinando di che si trattava, si mise a ridere trascrivendo il mio ordine e mi fece pagare tutto ciò che volle per il grazioso ninnolo con le pietruzze azzurre, il quale è così strettamente legato nel mio spirito alla mano di Dora, che ieri, quando ne vidi un altro simile al dito di mia figlia, ebbi un momentaneo sussulto in cuore, come di sofferenza...
Quando andavo in giro, esaltato dal mio segreto e pieno della mia importanza, e sentivo tanto la dignità d’amar Dora e d’esserne riamato, che se avessi camminato per aria, non avrei potuto sentirmi più al di sopra di tutti gl’infelici che strisciavano sulla terra.
| |
Dora Spenlow Mills Dora Dora Dora Dora
|