– Come stai?
– Ti ricordi di mia zia, Peggotty? – io dissi.
– Per l’amor di Dio, figlio mio – esclamò mia zia – non la chiamare con quel nome da isola dei Mari del Sud. Se maritandosi se n’è sbarazzata... la miglior cosa che potesse fare.. perché non riconoscere il fatto compiuto? Come ti chiami ora... P? – disse mia zia, usando l’iniziale per non pronunziare l’odiato appellativo.
– Barkis, signora – disse Peggotty con un inchino.
– Meno male, è un nome umano – disse mia zia – che non ti dà l’aria d’aver bisogno d’un missionario. Come stai, Barkis? Spero che tu stia bene.
Incoraggiata da queste affabili parole e dall’atto di mia zia che le stese la mano, Barkis si fece innanzi a stringerla, con una riverenza.
– Siamo diventate vecchie – disse mia zia. – Ci siamo incontrate solo una volta, molto tempo fa, ricordi! Facemmo un bell’affare quel giorno! Trot, mio caro, un’altra tazza di tè.
La porsi rispettosamente a mia zia, che se ne stava rigida e impettita secondo il solito; e mi avventurai a farle notare che s’era seduta su un baule.
– Ora tiro qui il canapè o la poltrona, zia – dissi. – Perché dovete stare così scomoda?
– Grazie, Trot – rispose mia zia. – Preferisco sedermi sulla roba mia – Così dicendo, fissò la signora Crupp, ed osservò: – È inutile che v’incomodiate ad aspettare, signora.
– Debbo mettere un altro po’ di tè nella teiera prima d’andarmene, signora? – disse la signora Crupp.
– No, grazie, signora – rispose mia zia.
– Volete che vada a prendere un altro po’ di burro, signora?
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