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      – disse la signora Crupp. – Oppure volete provare se vi va un uovo fresco? O vi debbo arrostire una fetta di lardo? Non posso far null’altro per la vostra cara zia, signor Copperfield?
      – Nulla, signora – rispose mia zia. – farò da me, grazie.
      La signora Crupp, che s’era messa e continuava a sorridere per mostrare la sua buona grazia, e che teneva continuamente la testa da un lato per dar l’impressione di una grande debolezza organica, e si sfregava continuamente le mani per manifestare il desiderio di rendersi utile a quanti lo meritassero, gradatamente sorrise a se stessa, tenne per se stessa la testa da un lato, si sfregò le mani per se stessa, e uscì dalla stanza.
      – Dick – disse mia zia: – ricordi ciò che ti dissi dei cortigiani e degli adoratori della fortuna?
      Il signor Dick – con uno sguardo quasi di smarrimento, come se lo avesse dimenticato, – rispose in fretta affermativamente.
      – La signora Crupp è del numero – disse mia zia. – Barkis, incaricati tu del tè, e dammene un’altra tazza. Dalle mani di quella donna non l’ho voluta.
      Conoscevo mia zia abbastanza bene per capire che aveva qualche cosa d’importante da dirmi, e che il suo arrivo non era così semplice come un estraneo avrebbe potuto immaginare. Osservavo che il suo sguardo si posava su di me, quand’ella credeva che la mia attenzione fosse altrove; e che ella era in preda a un’agitazione e a un’esitazione non perfettamente dissimulate dalla sua apparente rigidezza e compostezza. Cominciai a pensare se avessi commesso qualche cosa che avesse potuto offenderla, e la coscienza mi disse che non le avevo ancor detto nulla di Dora.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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