Poteva mai esser questo? mi domandai.
Siccome sapevo che non avrebbe parlato che quando le sarebbe piaciuto, mi sedetti accanto a lei, e parlai con gli uccelli, e accarezzai il gatto, e mi mostrai più disinvolto che potei. Ma non mi sentivo affatto a mio agio, e avrei continuato a essere inquieto, anche se il signor Dick, poggiato al grande aquilone dietro mia zia, non avesse approfittato di tutte le occasioni per farmi degli oscuri cenni col capo e indicare mia zia.
– Trot – disse mia zia finalmente, quando ebbe finito il tè, e dopo essersi asciugate le labbra e accuratamente lisciato il vestito – tu puoi stare, Barkis!... Trot, hai acquistato la fermezza necessaria a un uomo, e la fiducia in te stesso?
– Spero, zia.
– Lo credi?
– Lo credo, zia.
– Allora, figlio mio – disse mia zia, guardandomi intenta – sai la ragione perché preferisco stasera di rimaner seduta sulla roba mia?
Scossi il capo, incapace di indovinare.
– Perché – disse mia zia – è tutto quello che mi rimane. Perché io sono rovinata, mio caro.
Se la casa e tutti noi fossimo a un tratto precipitati nel fiume, il crollo non mi sarebbe stato più improvviso e doloroso.
– Dick lo sa – disse mia zia, mettendo tranquillamente una mano sulla mia spalla. – Sono rovinata, mio caro Trot! E tutto quanto posseggo al mondo è contenuto in questa stanza, eccetto il villino, dove ho lasciato Giannina perché lo appigioni. Barkis, ho bisogno d’un letto per questo signore, stasera. Per risparmio di spese, potresti accomodar qualche cosa per me qui.
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Dick Barkis Trot Giannina
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