– Oh! – egli disse. – Poveretta! Non si tratta di paralisi, spero?
– No, non si tratta della sua salute, signore – risposi. – Ella ha fatto delle gravi perdite finanziarie. Veramente, anzi, non le rimane più nulla o quasi nulla.
– Che cosa mi andate dicendo, Copperfield! – esclamò il signor Spenlow. Io scossi il capo.
– Veramente, signore – dissi – le sue condizioni finanziarie sono così mutate, che vorrei chiedere se non vi fosse possibile, col sacrificio dal canto nostro di parte della somma versata, naturalmente – l’ultima frase la improvvisai lì per lì, scorgendogli in viso un’espressione di dolorosa sorpresa – di annullare il mio contratto.
Nessuno può immaginare il sacrificio che mi costava questa proposta. Era come chiedere, per favore, d’esser condannato alla deportazione lungi da Dora.
– Cancellare il vostro contratto, Copperfield?
Spiegai, con una certa fermezza, che veramente non sapevo donde trarre i miei mezzi di sussistenza, e che avrei dovuto pensare a guadagnarmeli da me. Per l’avvenire non avevo paura – dissi, e lo espressi con la maggiore energia, come per fargli comprendere che un giorno non sarei stato da respingere in qualità di genero – ma per il momento ero ridotto a ingegnarmi da solo.
– Mi rincresce tanto d’apprendere una cosa simile, Copperfield – disse il signor Spenlow.
– Mi rincresce tanto. Non si usa di annullare i contratti per simili ragioni. Non si procede così negli affari. Non sarebbe un buon precedente. Tutt’altro. Nello stesso tempo...
– Voi siete buono, signore – mormorai, nell’attesa di una concessione.
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