Domando al Cielo di non farmi dimenticar mai la cara fanciulla nel suo amore e nella sua fedeltà, in quel periodo della mia vita; perché se la dimenticassi, sarebbe il segno della mia fine, e allora desidererei di ricordarla meglio. Ella mi colmò il cuore di tanti buoni propositi, mi rafforzò tanto, scacciando da me ogni debolezza, e con l’esempio seppe dirigere così bene – non so come, perché era troppo modesta e gentile per consigliarmi con molte parole – l’ardore errante e le malferme risoluzioni che s’agitavano in me, che solennemente riconosco che debbo a lei tutto il bene che ho fatto e l’incolumità da ogni male che son riuscito ad evitare.
E come mi parlò di Dora, sedendo accanto alla finestra al buio, ascoltando benevolmente le lodi che intessevo di lei, aggiungendo alle mie lodi, e vergando su quella personcina di fata qualche raggio della propria luce, che me la fece più preziosa e innocente! Oh, Agnese, sorella della mia infanzia, se avessi saputo allora, ciò che dovevo saper dopo!...
Trovai un mendicante nella via all’uscita. Nel momento che volgevo gli occhi alla finestra, pensando ai calmi, serafici occhi di Agnese, quegli mi fece sussultare, mormorando, come un’eco delle parole di mia zia:
– Cieco! Cieco! Cieco!
XXXVI.
ENTUSIASMOCominciai la mattina seguente con un’altra immersione nel bagno romano; e poi partii per Highgate. Non mi sentivo per nulla scoraggiato. Non temevo più gli abiti frusti, non pensavo più ai bei corsieri. Il mio modo di considerare il nostro disastro era mutato.
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Cielo Dora Agnese Agnese Highgate
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