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      La guardai spesso, perché si era seduta accanto alla finestra mentre noi lavoravamo, e preparava la colazione che mangiammo a morsi, senza interrompere la nostra occupazione. Alle nove, quando me ne andai, ella era inginocchiata ai piedi del dottore, per mettergli le scarpe e abbottonargli le uose. Le foglie d’una pianta rampicante che pendeva fuori della finestra della stanza le ombreggiavano il viso; e pensai per tutta la via, recandomi al Doctor’s Commons, a quella sera in cui l’avevo veduta con gli occhi fissi sul marito che leggeva.
      Avevo molto da fare, ora: mi levavo alle cinque la mattina, e non rientravo che alle nove o le dieci di sera. Ma sentivo una gran soddisfazione nell’essere così preso dal lavoro, e non camminavo mai lentamente per nessun motivo: pensavo con entusiasmo che più mi stancavo, e più mi sforzavo di meritar Dora. A lei non avevo ancora rivelato il mutamento delle mie condizioni, perché ella sarebbe venuta fra pochi giorni a fare una visita alla signorina Mills, e avevo rimandato fino a quel giorno ciò che m’ero riserbato di dirle. Frattanto, avevo notevolmente ridotto la mia razione di grasso d’orso, interamente abbandonato il sapone profumato e l’acqua di lavanda, e rivenduto, perdendoci molto, tre sottovesti troppo sontuose per una vita così austera come la mia.
      Non ancora soddisfatto di questi sacrifici, ma ardendo dell’impazienza di imprender qualche cosa di più, andai a trovar Traddles, che allora abitava dietro il bastione d’una casa di Castle Street, Holborn.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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