– Non credevo che tu avessi un carattere così risoluto, Copperfield.
E non avrebbe potuto saperlo, perché per me era una cosa nuova. Ma cambiai il discorso, per mettere il signor Dick sul tappeto.
– Vedete – disse il signor Dick risoluto – se io potessi far qualcosa, signor Traddles... se potessi battere il tamburo... o soffiare in qualche cosa.
Poveretto! Io non ho dubbio che egli preferisse nell’imo del cuore un impiego di simil genere a tutti gli altri. Traddles, che non avrebbe sorriso per nulla al mondo, rispose con compostezza:
– Ma voi siete un buon calligrafo, signore. Me l’ha detto Copperfield.
– Veramente! – dissi. E davvero era un ottimo calligrafo, che scriveva con straordinaria nitidezza.
– Non potreste – disse Traddles – occuparvi a copiare, signore, le carte che io potrei procurarvi?
Il signor Dick mi guardò con un’occhiata incerta:
– Eh, Trotwood?
Scossi il capo. Il signor Dick scosse il suo, sospirando.
– Digli del memoriale – disse il signor Dick. Spiegai a Traddles che era difficile tenere il Re Carlo I lontano dai manoscritti del signor Dick, il quale, intanto, nell’atto di succhiarsi il pollice, guardava Traddles con aria grave e deferente.
– Ma le carte di cui vi parlo – disse Traddles, dopo aver pensato un poco – sono già scritte da capo a fondo. Non sarebbe diverso, Copperfield? In ogni caso, perché non proviamo?
Questo ci diede una nuova speranza. Traddles e io ci consultammo in disparte, mentre il signor Dick ci guardava ansioso dal suo posto; e pensammo a un espediente mercé il quale potemmo dargli da lavorare il giorno dopo con gran successo.
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