– Non c’è più pericolo di morir di fame, ora, Trotwood – mi disse il signor Dick in un angolo, stringendomi la mano. – Io sarò capace di provvedere ai suoi bisogni, Trot! – e agitava in aria le dieci dita, come se fossero dieci banche.
Non so veramente se fosse più contento Traddles o io.
– La cosa – disse improvvisamente Traddles, cavando una lettera di tasca e porgendomela – m’ha fatto uscir di mente il signor Micawber.
La lettera (il signor Micawber non si lasciava sfuggire nessuna occasione mai di scrivere una lettera) era indirizzata a me (il signor Traddles, dell’Inner Temple, la consegnerà per favore). Diceva così:
«Mio caro Copperfield,
«Tu forse non sei impreparato a ricevere la novella che la carta è cambiata. Forse altre volte ebbi l’occasione di menzionarti che io ero in attesa d’un simile evento.
«Io mi accingo a stabilirmi in una città di provincia della nostra gloriosa isola (dove la popolazione si può ritenere una felice mescolanza di agricoltori e di ecclesiastici), in immediato rapporto con persona che esercita una dotta professione. La signora Micawber e la nostra prole mi accompagneranno. Le nostre ceneri, in un tempo avvenire, saranno probabilmente trovate commiste nel cimitero annesso a un venerabile edificio, il quale ha dato gran fama al punto al quale alludo, perfino, direi, nella Cina e nel Perù.
«Nel dire addio alla moderna Babilonia, dove noi siamo stati in balìa di molte vicissitudini, voglio sperare non ignobilmente, la signora Micawber e io non possiamo dissimularci che ci separiamo, forse temporaneamente ma forse anche per sempre, da un individuo legato da forti rimembranze all’altare della nostra vita domestica.
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