Sotto il peso temporaneo di obbligazioni pecuniarie, contratte con l’intenzione del loro saldo immediato, ma non saldate per un cumulo di penose circostanze, sono stato costretto ad assumere un travestimento dal quale il mio istinto naturale rifugge... alludo agli occhiali... e a impossessarmi d’un cognome sul quale non posso stabilire alcuna pretesa legittima. Tutto ciò che ho da dire su questo si è che la nuvola è scomparsa dal diro orizzonte, e che il dio del giorno è di nuovo salito sulle vette delle montagne. Il prossimo lunedì, all’arrivo a Canterbury della diligenza delle quattro, il mio piede calpesterà le zolle natie... e io mi chiamerò Micawber.
Il signor Micawber ripigliò il suo posto alla fine di queste osservazioni, e bevve gravemente, l’uno dopo l’altro, due bicchieri di ponce. Poi disse con maggiore solennità: – Una cosa ho da aggiungere, prima che la separazione sia completa: ho un atto di giustizia da compiere. Il mio amico signor Tommaso Traddles ha, in due diverse occasioni, «messo il suo nome», se posso usare la comune espressione, a cambiali scontate per mio uso personale. Alla scadenza della prima il signor Tommaso Traddles fu lasciato – permettete che lo dica – nelle peste. La seconda non è ancora scaduta. Il primo effetto ammontava – qui il signor Micawber consultò diligentemente alcune carte – ammontava a ventitré sterline, quattro scellini e nove pence e mezzo; la seconda, come risulta dalle mie note, a diciotto sterline, sei scellini e due pence. Queste due somme fanno un totale, se il mio conto torna, di quaranta e una sterlina, dieci scellini e undici pence e mezzo.
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