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      Certamente non avrei avuto il coraggio morale di rifiutarglielo; e non ho dubbio che egli, sia detto a sua lode, lo sapesse perfettamente.
      XXXVII.
      UNA DOCCIA D’ACQUA FREDDALa mia nuova vita era durata più d’una settimana, ed io mi mantenevo più saldo che mai nelle gravi, pratiche risoluzioni richieste dalle circostanze. Continuavo a camminare a passo rapido, con la vaga idea d’andare innanzi. M’ero fatto la legge di darmi col massimo ardore a tutto ciò che intraprendevo. Fui finalmente una perfetta vittima di me stesso. Vagheggiai per un momento perfino il proposito di adottare la dieta vegetariana, nel pensiero che diventando un animale erbivoro avrei fatto un omaggio a Dora. Fino allora, la piccola Dora era perfettamente ignara dei miei sforzi disperati, ai quali avevo accennato confusamente nelle lettere che le scrivevo. Ma arrivò il sabato, e quel sabato ella doveva essere in casa della signorina Mills; e quando il signor Mills sarebbe uscito per andare al circolo a giocarvi il whist (evento che mi sarebbe stato telegrafato nella via con l’apparizione di una gabbia d’uccelli al terrazzino di mezzo del salotto) io avrei dovuto correre a casa sua a prendere il tè.
      Intanto, noi ci eravamo completamente stabiliti a Buckingham Street, dove il signor Dick continuava a trascrivere le sue copie con un sentimento di vera felicità. Mia zia aveva ottenuto una gran vittoria sulla signora Crupp, pagandole la pigione, gettando dalla finestra il primo secchio lasciato sulle scale, e proteggendo personalmente dal pianerottolo l’arrivo e la partenza di una donna che veniva a servirci di fuori.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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