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      – Non t’alzare più alle cinque, cattivo. È una pazzia.
      – Amor mio – le dissi – ho tanto da lavorare.
      – Ma non lavorare! – disse Dora. – Perché devi lavorare?
      Era impossibile, a quel dolce viso sorpreso, dir altrimenti che in tono di scherzo che si deve lavorare per vivere.
      – Oh, che ridicolaggine! – esclamò Dora.
      – E come potremmo vivere, Dora? – dissi.
      – Come? In qualche modo – disse Dora.
      Con questo le parve d’aver regolato tutto, e mi diede un tal bacio di trionfo, espressione del suo cuore innocente, che per nulla al mondo avrei voluto disingannarla per la sua risposta.
      Sì, le volevo bene, e continuai a volerle bene, col maggiore trasporto, con la maggiore interezza e completezza. Ma continuando anche a lavorar con accanimento, e affaccendandomi a tener caldi tutti i ferri che avevo al fuoco, sedevo qualche volta la sera di fronte a mia zia, pensando alla paura che avevo fatta a Dora, e al modo di potermi aprire la via con una custodia di chitarra al collo, attraverso la foresta delle difficoltà, finché non sentivo girarmi il capo.
      XXXVIII.
      SCIOGLIMENTO DI SOCIETÀ
      Non lasciai raffreddare la mia risoluzione relativa alle discussioni parlamentari. Fu uno dei ferri che misi a scaldare immediatamente, uno di quelli tenuti continuamente al fuoco e martellati con una perseveranza che posso onestamente ammirare. Cominciai a studiare un trattato approvato (che mi costò dieci scellini e sei pence) della nobile e misteriosa arte della stenografia, e m’immersi in un mare di difficoltà che mi portarono, in poche settimane, ai confini della follia.


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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