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      La signorina Murdstone mi sporse le sue unghie gelide, e si assise severamente rigida. Il signor Spenlow chiuse la porta, mi fé cenno di accomodarmi, e rimase in piedi sul tappeto di fronte al caminetto.
      – Abbiate la bontà di mostrare al signor Copperfield – disse il signor Spenlow – ciò che avete nella borsetta, signorina Murdstone.
      Era, credo, l’antica identica borsa a grappe d’acciaio della mia fanciullezza, la borsa che si chiudeva come un morso. Tenendo chiuse le labbra come era chiusa la bocca, la signorina Murdstone l’aprì – aprendo simultaneamente la bocca – e mi presentò l’ultima mia lettera a Dora, densa d’espressioni d’amore devoto.
      – Credo che la scrittura sia vostra, signor Copperfield? – disse il signor Spenlow.
      Il viso mi ardeva, e la voce che udii non mi parve la mia, quando risposi: «Sì, signore».
      – Se non erro – disse il signor Spenlow, mentre la signorina Murdstone cavava un pacco di lettere dalla borsa, legato col più leggiadro nastrino azzurro – anche quelle lettere furono scritte da voi, signor Copperfield?
      Presi il pacchetto con un senso di desolazione; e dando un’occhiata alle frasi d’introduzione come: «Mia sempre cara e dilettissima Dora», «Angelo amatissimo», e «Cuore del mio cuore», e simili, arrossii profondamente, e chinai la testa.
      – No, grazie! – disse il signor Spenlow, freddamente, mentre facevo l’atto di riconsegnargli il pacco. – Non voglio privarvene. Signorina Murdstone, siate così buona da continuare.
      Quella gentile creatura, dopo aver considerato un istante il tappeto, narrò ciò che segue con glaciale unzione:


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David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





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