Quando io ve ne parlai, noi eravamo già promessi.
– Vi prego – disse il signor Spenlow, molto più rassomigliante a Pulcinella che non l’avessi mai visto, mentre batteva con grande energia una mano sull’altra – di non parlarmi di promesse, signor Copperfield.
La signorina Murdstone, altrimenti incommovibile, fece sentire una breve risata sdegnosa.
– Quando vi parlai delle mie condizioni mutate, signore – cominciai di nuovo, per sostituire con una nuova espressione ciò che lo irritava – quel sotterfugio nel quale mi dispiace d’aver attirato la signorina Spenlow, era cominciato. Da che le mie condizioni sono mutate, io mi son sforzato, stimolando ogni mia energia, di migliorarle. Son sicuro che vi riuscirò un giorno. Volete voi darmi tempo... qualunque periodo di tempo? Noi siamo entrambi così giovani, signore...
– Voi avete ragione – interruppe il signor Spenlow, scotendo parecchie volte il capo e aggrottando le ciglia – siete entrambi ragazzi. La cosa è una sciocchezza. Mettiamo termine a questa sciocchezza. Portatevi via quelle lettere, e gettatele nel fuoco. Datemi le lettere della signorina Spenlow da gettare nel fuoco; e benché i nostri rapporti avvenire debbano, come certo sapete, limitarsi a quelli dell’ufficio, noi ci obbligheremo di non far più parola del passato. Su, signor Copperfield, voi non mancate di buon senso: questa è la miglior condotta da seguire.
No. Non potevo pensare di acconsentire alla sua proposta. Mi dispiaceva, ma v’era una ragione superiore al buon senso.
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