Risposi subito dicendogli che speravo che l’errore, nel quale m’aveva trascinato la disperata natura del mio amore, non lo avrebbe indotto a credere che io avessi l’anima venale.
– Non alludo alla cosa da questo lato – disse il signor Spenlow. – Sarebbe meglio per voi, e tutti noi, se voi foste venale, signor Copperfield... Voglio dire, se foste più accorto e meno disposto a subire le illusioni di queste follie giovanili. No. Dico semplicemente, con uno scopo assolutamente diverso, che voi probabilmente non ignorate che io ho qualche cosa da lasciare a mia figlia.
Certo che non lo ignoravo.
– E voi potete difficilmente credere – disse il signor Spenlow – con l’esperienza di ciò che vediamo, qui nel Commons, ogni giorno, del negligente e strano procedere degli uomini, riguardo alle loro disposizioni testamentarie, che son le circostanze, forse, nelle quali s’incontrano le più strane rivelazioni dell’inconsistenza umana, che le mie non siano già bell’e redatte.
Io feci col capo un cenno d’approvazione...
– Non tollererei – disse il signor Spenlow, con un chiaro aumento del suo pio sentimento, e pianamente scotendo il capo, mentre si poggiava a volta a volta sulla punta dei piedi e sui tacchi – che le disposizioni prese per mia figlia potessero essere minimamente modificate in conseguenza d’una follia giovanile come questa. È una vera follia. È semplicemente una sciocchezza, che fra poco non avrà neppure il peso d’una piuma. Ma potrei... potrei... se questa sciocchezza non fosse perfettamente dimenticata, essere indotto, in qualche momento d’ansia, a difendere mia figlia dalle conseguenze d’un passo precipitato e sciocco sulla via del matrimonio, e a circondarla di misure di protezione.
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