Ora, signor Copperfield, spero che voi non mi costringerete ad aprire, neppure per un quarto d’ora, quella pagina chiusa del libro della mia vita, e a disfare, neanche per un quarto d’ora, delle gravi faccende da lungo tempo regolate.
V’era in lui una serenità, una tranquillità, un’aria di tramonto così calmo, che mi sentii commosso. Egli era così pacifico e rassegnato – evidentemente aveva tutti i suoi affari perfettamente assestati e regolati – che era tipo da commuoversene, soltanto a contemplarli. Veramente credo che negli occhi avesse delle lagrime scaturite dalla profondità di questo suo sentimento.
Ma che potevo fare? Non potevo rinnegar Dora e il mio cuore. Quando mi disse che mi dava una settimana di tempo per meditare su ciò che mi aveva detto, come dirgli che non accettavo quella settimana, e, da parte mia, come non sapere che tutte le settimane di tempo non avrebbero modificato in nulla l’amor mio?
– Nel frattempo, parlatene con la signora Trotwood, o con qualche persona che abbia esperienza della vita – disse il signor Spenlow, accomodandosi con tutte e due le mani la cravatta. – Prendete una settimana di tempo, signor Copperfield.
Mi sottomisi e uscii dalla stanza, cercando di dare al mio viso la migliore possibile espressione di dolorosa e disperata costanza. Le pesanti sopracciglia della signorina Murdstone mi seguirono fino alla porta – dico le sopracciglia e non gli occhi, perché le prime erano nel suo viso molto più importanti. – Ella aveva lo stesso aspetto d’una volta, ed era circa la stessa ora della mattina a Blunderstone nel nostro salotto, tanto che avrei potuto immaginare d’aver come allora recitato male la lezione, e che l’oppressione del mio spirito derivasse ancora da quell’orribile sillabario a incisioni ovali che apparivano in forma di occhiali alla mia fantasia infantile.
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