Pagina (795/1261)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Quando mi recai all’ufficio, e andai a sedermi al tavolino nel mio cantuccio, mi misi col viso fra le mani, lontano dal vecchio Tiffey e da tutti gli altri, a pensare a quel terremoto avvenuto così improvvisamente, e nell’angoscia che mi opprimeva, arrivai, maledicendo Jip, a un tale stato di sofferenza per Dora, che non so come non mi precipitassi ad afferrare il cappello per correre come un pazzo a Norwood.
      L’idea che ella venisse atterrita e fatta piangere, e che io non fossi colà a consolarla, mi opprimeva così angosciosamente che mi spinse a scrivere una lettera insensata al signor Spenlow, supplicandolo di non far pesare su di lei le conseguenze del mio terribile destino. Lo implorai d’aver riguardo alla sua gentile natura – di non troncare un fragile fiore – e gli parlai generalmente, a quel che mi ricordo, come se invece d’essere suo padre egli fosse stato un orco o il drago di Wantley. Suggellai la lettera e gliela misi sul tavolo prima ch’egli ritornasse; e quando venne, lo vidi, per la porta semiaperta della sua stanza, prenderla e mettersi a leggerla.
      In tutta la mattinata egli non disse nulla; ma nel pomeriggio, prima d’andarsene, mi avvertì che non era necessario che io mi tormentassi minimamente per la felicità di sua figlia. Le aveva detto semplicemente che tutto era una sciocchezza, e non gliene avrebbe più riparlato. Credeva, poi, d’essere un padre indulgente (e veramente era così) e potevo risparmiarmi qualunque affanno sul conto di lei.
      – Voi potreste obbligarmi, con un contegno sciocco e ostinato, signor Copperfield – egli osservò – a mandar mia figlia di nuovo lontano, per qualche tempo; ma io ho di voi un’opinione migliore.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

David Copperfield
di Charles Dickens
pagine 1261

   





Tiffey Jip Dora Norwood Spenlow Wantley Copperfield