Nella carrozza non c’era nessuno.
– I cavalli gli avevano presa la mano?
– Non erano caldi – disse Tiffey, mettendosi gli occhiali – non più caldi. Le redini erano rotte, ed erano state trascinate per terra. Tutta la casa fu subito in piedi; tre domestici percorsero la strada e lo trovarono un miglio distante.
– Più d’un miglio, signor Tiffey – interruppe un giovine impiegato.
– Sì, credo che tu abbia ragione – disse Tiffey – più d’un miglio... non lontano dalla chiesa... giacente in parte sul ciglio della strada, a faccia a terra. Se egli fosse caduto sentendosi male, o se fosse disceso perché si sentiva male, nessuno sa. Nessuno sa neanche se fosse già morto, quando fu ritrovato; certo era perfettamente insensibile. Forse respirava ancora, ma non pronunziò più una parola. Fu chiamato subito un medico, ma tutto fu inutile.
Non posso descrivere lo stato in cui mi piombò questa notizia. La scossa datami da un avvenimento così improvviso, la cui vittima era l’uomo col quale stavo, per qualche rispetto, in disaccordo, il vuoto pauroso nella stanza occupata da lui fino al giorno innanzi e dove il tavolino e la sedia sembravano attenderlo ancora, e il suo ultimo manoscritto aveva l’apparenza d’uno spettro; l’indefinibile impossibilità di separar l’uomo da quel luogo, e il sentimento, ogni volta che s’apriva la porta, ch’egli potesse entrare; il silenzio strano e l’inerzia dello studio, e la insaziabile avidità con la quale i nostri impiegati parlavano dello scomparso, e quegli altri che entravano e uscivano continuamente, chiedendo notizie e particolari; tutto questo può facilmente capirsi da chiunque.
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Tiffey Tiffey Tiffey
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