Le proposi di uscire con me; ma la signora Heep ripeté tante volte che era sofferente, che Agnese si sentì caritatevolmente in dovere rimanere per farle compagnia. Verso sera, uscii solo, riflettendo su ciò che dovessi fare, e se fosse giusto tacere ancora con Agnese di ciò che Uriah Heep mi aveva detto in Londra; perché questo cominciava a turbarmi molto.
Non ero arrivato ancora molto lontano e non avevo, percorrendo la strada di Ramsgate, dove era piacevole passeggiare, lasciato la città, quando nell’ombra di dietro sentii una voce chiamarmi. Al passo sregolato e al soprabito svolazzante era impossibile non dire di chi fosse. Mi fermai, e fui raggiunto da Uriah Heep.
– Bene? – dissi.
– Come camminate presto! – egli disse – Le mie gambe sono piuttosto lunghe, ma ce n’è voluto per raggiungervi!
– Dove andate? – dissi.
– Vengo con voi, signorino Copperfield, se mi volete accordare il piacere di passeggiare con una vecchia conoscenza. – Così dicendo, con una scossa di tutto il corpo che poteva esser presa come un gesto di propiziazione o di derisione, si mise a camminare accanto a me.
– Uriah! – dissi, più cortesemente che potei, dopo un istante di silenzio.
– Signorino Copperfield! – disse Uriah.
– A dirvi la verità (vi prego di non offendervene) sono uscito per passeggiare solo, perché sono stanco d’essere stato tanto tempo in compagnia.
Mi diede un’occhiata obliqua, e mi disse con la più orribile smorfia:
– Voi intendete la mamma.
– Sì, proprio – dissi.
– Ah! Ma voi sapete che noi siamo umilissimi – egli rispose.
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