– E avendo tanta coscienza della nostra umiltà, abbiamo il dovere di badare a non farci cacciare contro il muro da quelli che non lo sono. In amore ogni stratagemma è ammesso, signore.
Levando le mani sino al mento, se lo grattò pianamente, e pianamente sogghignò; e rassomigliava, mi parve, per quanto è umanamente possibile, a un babbuino maligno.
– Vedete – egli disse, continuando a carezzarsi il mento e scotendo la testa – voi siete un rivale pericoloso, signorino Copperfield. E lo siete sempre stato, confessatelo.
– Ah, è per questo che montate la guardia intorno alla signorina Wickfield, e le togliete la libertà in casa propria? – dissi.
– Oh, signorino Copperfield! Le vostre sono parole dure! – egli rispose.
– Chiamatele come vi pare e piace – dissi. – Voi comprendete ciò che intendo, Uriah.
– Oh, no! Bisogna che vi spieghiate – egli disse. – Veramente non vi capisco.
– V’immaginate, forse – dissi cercando, per riguardo d’Agnese, di mostrarmi urbano e calmo – che io consideri la signorina Wickfield diversamente da come considererei una sorella?
– Signorino Copperfield – egli rispose – voi comprenderete che non ho il dovere di rispondere a questa domanda. Non lo potete pretendere. Forse sì e forse no.
Non avevo mai visto nulla di simile alla ignobile malizia di quella faccia e di quegli occhi nudi senza l’ombra d’un ciglio.
– Allora, su! – dissi. – Per l’amore della signorina Wickfield...
– La mia Agnese! – egli esclamò con una morbosa contorsione. – Volete esser così buono da chiamarla Agnese, signorino Copperfield?
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